Obesità & Attività fisica

L’obesità è da considerarsi vera e propria patologia, figlia del suo tempo in quanto figura senza alcun dubbio tra le cosiddette “patologie del benessere”, dovuta a fattori genetici, influenze ambientali e fattori sociali. Raramente si tratta di obesità secondarie, cioè dovute ad altre patologie come ad esempio l’ipotiroidismo, l’ipopituitarismo e l’ipercorticosurrenalismo (sindrome di Cushing).

L’obesità è dovuta ad un bilancio energetico positivo. In altri termini, le calorie ingerite con l’alimentazione quotidiana sono superiori alle calorie spese nell’arco della giornata; tutto ciò porta ad un surplus di energie che l’organismo trasforma in grasso e conserva negli adipociti, le cellule che formano il tessuto adiposo, vero e proprio magazzino di riserve energetiche. Un bilancio energetico positivo può essere determinato da una iperalimentazione, quindi eccessive quantità di cibo ingerito, ma anche da una ipoattività. E’ da tempo noto che l’ipoattività fisica giochi un ruolo fondamentale nell’origine dell’obesità. Essa è determinata dalla diffusione di uno stile di vita sempre più sedentario, con prototipi di lavori statici come quello d’ ufficio, abitudini scorrette come l’ uso costante di ascensori, automobili, telecomandi e in generale tutti quei mezzi che portano comodità nella nostra vita.

Si definisce obeso un soggetto il cui eccesso ponderale supera del 20-25% il suo peso ideale o la cui percentuale di grasso corporeo supera il 25% per l’uomo e il 35% per la donna. L’obesità può essere classificata come lieve se l’eccesso ponderale è del 20-40%, media se è del 41-99% e grave quando l’eccedenza ponderale è superiore al 100% del peso ideale.

L’obesità è caratterizzata da un incremento del tessuto adiposo, dato da un aumento numerico (iperplasia) e dimensionale (ipertrofia) delle cellule adipose, nel cui citoplasma aumenta il contenuto lipidico. L’iperplasia si ha nei primi anni di vita e nell’età dello sviluppo: in questi periodi della vita gli equilibri ormonali sono tali da imprimere alla velocità di crescita due grandi accelerazioni (picchi di crescita), soprattutto per quanto riguarda l’aspetto moltiplicativo delle cellule dell’organismo. Al termine della pubertà si viene a determinare il numero di adipociti dell’età adulta, quantità che rimane all’incirca invariato per il resto della vita.

È quindi l’adolescenza il periodo critico in cui si stabilisce il potenziale di obesità di un individuo, dato dal numero di adipociti. In un soggetto normopeso il numero di adipociti è di circa 25-30 miliardi, i soggetti obesi né hanno mediamente tra i 40 e i 100 miliardi. Nell’età adulta sono invece le dimensioni degli adipociti a variare: queste aumentano quando si ingrassa e diminuiscono con il dimagrimento; nei soggetti obesi il volume degli adipociti è circa il doppio di quello dei soggetti normopeso.

L’obesità infantile

L’obesità infantile è in continuo aumento nelle popolazioni ad alto tenore socio-economico, questo è un dato che deve far riflettere, poiché un giovane obeso con ogni probabilità sarà un adulto obeso. Il bambino obeso tende, a causa della sua condizione, ad autoescludersi dalle normali attività ludiche, causando una situazione di ipocinesia motivo di un ulteriore aumento di peso. Si instaura, così, un circolo vizioso di inattività, che porta un bilancio energetico positivo, quindi un aumento dell’ obesità dalla quale consegue una riduzione delle capacità motorie, per giungere poi ad un grado maggiore di inattività.

Le maggiori fonti di inattività dei giovani sono la televisione, il computer e i videogames. Il tempo passato dai ragazzi davanti a questi apparecchi, il modello di attività fisica dei genitori e le cattive abitudini alimentari (merendine, patatine e snack fuori pasto), sono in correlazione diretta con l’incremento dell’obesità infantile.

Patologie conseguenti all’obesità

L’obesità accorcia la vita media dell’uomo, essendo un fattore di rischio per lo sviluppo di importanti patologie vascolari come l’aterosclerosi, l’ipertensione arteriosa, l’ischemia del miocardio e l’insufficienza cardiaca. È responsabile inoltre di patologie respiratorie e dismetaboliche come il diabete di tipo II, ancora è causa di malattie articolari come l’artrosi, ed è infine nota la relazione tra l’obesità e l’insorgenza delle malattie neoplastiche (tumori).

Terapia dell’obesità

L’obesità è un problema che può e deve essere risolto. Le vie terapeutiche più efficaci sono due:

  • Modificare la dieta dal punto di vista quantitativo e qualitativo, cioè riducendo la quantità di calorie ingerite quotidianamente con l’alimentazione e soprattutto facendo attenzione che la dieta sia equilibrata nell’apporto dei tre macronutrienti carboidrati, proteine e grassi;
  • Aumentare il metabolismo con l’esercizio fisico o altre attività.

La strategia vincente per la riduzione dell’eccesso ponderale è rappresentato dall’associazione di questi due metodi, che portano effetti più rapidi e soprattutto duraturi. Idealmente la riduzione del grasso corporeo dovrebbe essere ottenuta senza essere accompagnata da una concomitante perdita di proteine, acqua, minerali e vitamine. Diete molto drastiche possono avere effetti catabolici, incidendo sulla massa magra, in particolare sulla massa muscolare, portando un abbassamento del metabolismo basale, quindi una riduzione della capacità di bruciare calorie. Questo effetto può essere ridotto associando alla dieta l’esercizio fisico. Studi sperimentali dimostrano che i soggetti sedentari, con l’incremento del livello di attività fisica, presentano una diminuzione dell’appetito. Esiste infatti una soglia di attività fisica al di sotto della quale l’appetito non si correla con il grado di esercizio, mentre al di sopra di questa soglia, l’appetito sembra ricorrelarsi (aumentando la spesa energetica in maniera significativa, aumenta il fabbisogno energetico).

Il costo dell’esercizio fisico per gli obesi

Di fondamentale importanza è capire quali sono i problemi che comporta lo stato di obesità nell’attività fisica. Andando ad analizzare come reagiscono all’esercizio fisico, emerge che il rendimento dei soggetti obesi è nettamente inferiore a quello dei coetanei magri, causa di ciò è il più elevato costo metabolico dell’esercizio, conseguente al trasporto di una massa corporea maggiore. Durante l’esercizio fisico lavorano con percentuali più alte di frequenza cardiaca massima ed anche la pressione arteriosa è eccessivamente elevata rispetto ai magri di pari età, questo per le maggiori resistenze periferiche da vincere. Gli obesi sono sottoposti ad un aumentato stress articolare soprattutto a carico degli arti inferiori, presentano delle masse muscolari non adeguate, rese meno toniche dalla minore propensione al movimento ed hanno un maggiore consumo di ossigeno. A questi si aggiungono i problemi dovuti alla ridotta stimolazione del sistema nervoso, che si evidenziano nella deficitaria coordinazione, nella minore capacità di risoluzione dei compiti motori e nella rallentata capacità di apprendimento motorio

L’importanza dell’esercizio fisico nella cura dell’obesità

L’esercizio fisico praticato razionalmente, in maniera programmata e con continuità, oltre alla perdita dell’eccesso ponderale, apporta nel tempo degli adattamenti fisiologici molto importanti nella terapia dell’obesità. Tutti i tessuti, organi e sistemi si adattano agli stimoli esterni, ma con tempi diversi gli uni dagli altri. Gli adattamenti più immediati sono quelli a carico dell’apparato locomotore, con l’aumento del tono e della massa muscolare per una migliorata sintesi proteica, di seguito migliora la qualità del tessuto tendineo, c’è un aumento dell’idratazione, del collagene e della quota glicoproteica. Migliorando il metabolismo delle ossa e delle cartilagini, anche il tessuto osseo e le superfici articolari vanno incontro ad adattamenti. A livello osseo migliora il metabolismo del calcio, il che porta ad un aumento della densità ossea e della capacità di resistenza meccanica. Le articolazioni sono meglio nutrite e lubrificate dal liquido sinoviale (presente in ogni articolazione), dando luogo ad un positivo inspessimento delle cartilagini articolari. Adattamenti a più lungo termine ma di fondamentale importanza si verificano a carico dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio. Aumenta la capacità contrattile del muscolo cardiaco, di conseguenza aumenta la gittata cardiaca e diminuisce la frequenza cardiaca a riposo. Aumenta il trofismo dei vasi che acquisiscono maggiore elasticità, migliora la capillarizzazione quindi c’è l’aumento del sangue in periferia e soprattutto una diminuzione delle resistenze periferiche e della pressione arteriosa. Migliora la capacità respiratoria, grazie all’aumento dell’ampiezza degli atti respiratori, dovuti ad una migliorata mobilizzazione della gabbia toracica. Aumentano gli scambi gassosi al livello degli alveoli polmonari, aumenta la capacità di trasporto dell’ossigeno nel sangue e la capacità di cederlo in periferia agli organi.